Psicologia dell’Infanzia

 

 

IL BAMBINO IN TERAPIA

I bambini sono le “spugne” di una famiglia: imparano a funzionare con essa e da essa.

 

I SINTOMI

Come un bambino può esprimere un disagio? Quali comportamenti si possono manifestare?

Nell’infanzia sono numerosi i comportamenti che possono essere sinonimo di sofferenza:

  • Il rapporto con se stessi: farsi del male, fare giochi violenti e pericolosi, difficoltà nell’apprendimento del linguaggio e dell’espressività verbale e non verbale, il non giocare, l’uso di rituali, manierismi (es.: battere o torcere le mani o il capo, o complessi movimenti di tutto il corpo); paura dei mostri, paura del buio, difficoltà ad addormentarsi, insonnia, enuresi notturna, incubi.
  • Il rapporto con il proprio corpo: muoversi molto (iperattività), muoversi poco e isolarsi attraverso giochi virtuali (internet, video game), encopresi, enuresi, somatizzare (mal di pancia, asma, allergie) masturbazione eccessiva, rifiuto nel lavarsi, rifiuto del contatto, mangiare troppo, mangiare troppo poco.
  • Il rapporto con i genitori: non accettare il distacco, l’estrema dipendenza, il non rispettare le regole, l’ aggressività, gli atteggiamenti di sfida, le bugie, l’eccessivo piagnucolare e lamentarsi, una marcata compromissione nell’uso di svariati comportamenti non verbali, come lo sguardo diretto, l’espressione mimica, le posture corporee e i gesti che regolano l’interazione
  • Il rapporto con i fratelli e con i compagni: insicurezza, prepotenza, aggressività, sottomissione, estrema dipendenza, mancanza di reciprocità sociale ed emotiva, mancanza di ricerca spontanea della condivisione di gioie, di interessi ed obiettivi con altre persone, marcata compromissione nell’uso di svariati comportamenti non verbali, come lo sguardo diretto, l’espressione mimica, le posture corporee e i gesti che regolano l’interazione sociale; incapacità di sviluppare relazioni coi coetanei adeguate al livello di sviluppo.
  • Il rapporto con la scuola: difficoltà nell’adattamento, basso rendimento, difficoltà nell’apprendimento.

 

Le psicosi nell’infanzia

Le psicosi sono gravi disturbi che si manifestano con rilevanti alterazioni dei rapporti interpersonali e del contatto con la realtà e che determinano notevoli perturbazioni nell’organizzazione della personalità, compromettendone il funzionamento globale sia negli aspetti affettivi sia cognitivi. La capacità di adattamento alla realtà varia in funzione del livello di esigenza ambientale e del livello di angoscia del bambino. Vi è un funzionamento psichico cosiddetto “arcaico”. Il quadro psicotico può assumere varie forme e dare vita a diversi sintomi come:

  • alterazioni profonde delle relazioni affettive con le persone
  • gravi disturbi della comunicazione verbale
  • alterazione nei rapporti con gli oggetti
  • resistenza eccessiva al cambiamento d’ambiente
  • disturbi rilevanti dell’identità della percezione corporea
  • disarmonie del comportamento cognitivo per la possibile coesistenza di prestazioni intellettive eccezionali in alcuni settori e del tutto insufficienti in altri

 

Il bambino con handicap e il bambino malato

La nascita di un figlio disabile e/o affetto da una malattia è spesso uno  shock per tutta la famiglia. Nei genitori, si susseguono spesso le fasi: della disperazione, della disorganizzazione,  della contrattazione, della riorganizzazione e dell’ adeguamento, tutto questo  tra dinamiche di accettazione e rifiuto. Si parla di “maternità ferita”, si tende a colpevolizzarsi e/o colpevolizzare, si finisce quasi sempre con il fare il confronto con gli altri fratelli e coetanei, ad assumere atteggiamenti estremamente protettivi o rifiutanti. Nel dolore, si tende a dimenticare che il bambino con handicap e il bambino malato, è un bambino diverso dagli altri, nel senso che ha altre caratteristiche da poter sviluppare. Spesso l’handicap o la malattia sono viste  solo come un limite e questa visione impedisce di vederne invece le potenzialità. I bambini con sindrome di down, i bambini con ritardo cognitivo, i bambini con disabilità in genere, i bambini con malattie croniche (sindromi genetiche, diabete, ecc) hanno un elevato numero di possibilità  inerente ad un proprio piano di sviluppo. Ognuno di questi bambini, può sviluppare il suo grado di autonomia a livello personale e relazionale. Aiutare la famiglia e il bambino stesso ad accettare ed accettarsi nella diversità, a poter lavorare sullo sviluppo delle potenzialità è il lavoro che viene svolto all’interno del nostro studio.

 

L’adozione

L’adozione ha radici culturali antiche che toccano aree profonde nelle relazioni umane.

Il bisogno di “adottare” sembra soddisfare quelle parti istintuali che sottendono alla creatività biologica e permettendo un’espressività della creatività psicologica delle cariche affettive presenti nelle coppie con differenti motivazioni. L’adozione è quindi anche un’ area di incontro dove ci si adotta reciprocamente in una dimensione spesso idealizzata di famiglia.

La fase del post adozione,  proprio perché si confronta con la realtà delle famiglie appena formate, è da considerare il luogo privilegiato del lavoro sull’adozione.

Negli anni si è, infatti, osservato che offrendo ai genitori uno spazio di accoglienza ove esprimere liberamente il proprio modo di fare famiglia, si crea un clima propizio a facilitare l’attivazione delle risorse e delle capacità dei singoli genitori e dei bambini al fine di superare le paure e le difficoltà dell’incontro tra  “mondi” non conosciuti. Il post adozione, infatti, rappresenta la fase più complessa e più delicata che i genitori si trovano ad affrontare, a volte da soli. Mondi diversi, storie diverse, in cui spesso la paura, il disagio, la conoscenza delle difficoltà da cui proviene il proprio figlio non facilitano i processi di integrazione e di ricchezza che questo momento racchiude in sé. 

METODOLOGIA DI LAVORO CON IL BAMBINO IN TERAPIA

Entrare in rapporto con i bambini, fare con loro un percorso, necessita dell’uso di specifiche tecniche che non siano invasive , ma che facilitino il loro sviluppo psico-fisico. Questo è possibile attraverso numerosi modi e, a seconda della tipologia e delle necessità del bambino e della famiglia, usando setting individuali, di gruppo e familiari. Lavorare con i bambini vuol dire lavorare in rete, con la famiglia e con il contesto che li circonda (la scuola, l’oratorio, ecc).

Perché si richiede l’attivazione della rete? La risposta sta nel considerare e riconoscere al bambino stesso il diritto di essere tale e di non potersi assumere le responsabilità del mondo degli adulti. Gli adulti tutti, insegnanti, genitori, educatori, interagendo con i bambini in contesti e ruoli differenti, concorrono a poter essere i migliori accompagnatori e risolutori delle loro problematiche. Ecco perchè l’intervento dei genitori è essenziale, quasi indispensabile, al fine di comprendere le dinamiche che inficiano la serenità del  bambino.